sabato 29 ottobre 2016

La mia favola al Concorso Nazionale Caterina Martinelli




La coppa c’è ancora. La pergamena pure.
A distanza di una settimana dalla mia giornata da favola, posso scriverne un resoconto, perché ho la certezza che sia stato tutto vero. “Il Serpente e la Rosa” ha davvero vinto il Premio Nazionale Caterina Martinelli. 


La lettera di invito “al ballo”, cioè alla premiazione fissata per il 22 ottobre, era arrivata questa estate e, come vi avevo già raccontato, era stata accolta da me con un poco leggiadro e poco principesco urlo in biblioteca. Io generalmente sono una persona fredda e mi contengo, ma in quel momento, davanti al mio bimbo che mi guardava a occhi aperti, non ce l’ho proprio fatta.
Non solo era tra i finalisti, ma avevo vinto il Primo Premio assoluto tra gli autori di Libri Editi.
Ero attesa nella Capitale. Cosa c’è di meglio?

 
 

Ovviamente, come in ogni favola che si rispetti, ci sono state delle difficoltà e delle rinunce.
Per esempio, ho dovuto a malincuore mancare all’intitolazione della scuola Primaria dell’Istituto Comprensivo nel quale lavoro. Ci tenevo tanto perché il lavoro dal quale ha preso avvio tutto è dei miei alunni di III E dell’anno scolastico 2014/2015.
Cinque di loro, coraggiosamente, sono saliti sul palco e hanno raccontato a oltre un centinaio di persone cosa abbiamo fatto due anni fa e come ci è venuta l’idea di intitolare una scuola a Bianca Bizzi.
Ringrazio Magda, Simone, Margherita, Chiara e Alessia per la gentilezza e la temerarietà. Tra l’altro, alcuni colleghi mi hanno detto che se la sono cavata alla grandissima.

Ma torniamo al Concorso Caterina Martinelli e alla favola ad esso collegata.
Non potevo desiderare una fatina migliore di mia madre.
Abbiamo passato tante ore da sole e parlato a lungo come da tempo non ci capitava. Stare con lei, sentire la complicità che ci univa e vedere l’orgoglio sul suo volto è stata una delle cose più belle della giornata.

La zucca-carrozza era…  Italo.
Mai preso prima, si è rivelato un ottimo mezzo di trasporto.

Alle 15 ero a Roma e dopo poco alla Biblioteca Vaccheria, dove era prevista la premiazione.
La temperatura era primaverile, il percorso da fare a piedi breve, le scarpe con il tacco che non metto mai non mi facevano male. Troppo bello per essere vero.
 
 

Mentre mi chiedevo cosa potesse ancora andare meglio, ho visto una persona.
No. Niente principe azzurro in questa storia. Ma qualcuno di molto meglio.
Si chiama Sonia Morganti ed è una scrittrice di grande livello.
La sua “Calpurnia, l’ombra di Cesare” è un gioiello che consiglio a tutti, ma Sonia non è solo un’autrice che ti fa sentire i colori, i profumi e le atmosfere della Villa dei Papiri, è soprattutto una persona di grande umanità.
Abbiamo chiacchierato per un’ora come se ci conoscessimo da anni ed è riuscita a farmi sentire tranquilla in un momento in cui, senza di lei, mi sarei probabilmente fatta prendere dall’ansia.

La premiazione è stata un susseguirsi di poesie, momenti musicali e ringraziamenti degli autori.
Io ero l’ultima.

Di quei minuti ho un ricordo confuso, ma penso di aver ringraziato la giuria, Bianca e Caterina. Senza di loro non avrei mai potuto vivere un sogno.
Ho cercato di incuriosire il pubblico presente, parlando delle quartine nascoste nel romanzo e intavolando con i futuri lettori una sfida. Li ho invitati a trovare nel testo le parti storicamente provate e quelle frutto della mia mente.
Penso di essere riuscita benino, perché alla fine diverse persone si sono avvicinate per richiedermi il titolo del romanzo e la casa editrice.

Un paio di foto con Sonia davanti a Sdentato e un veloce viaggio su Italo hanno chiuso la giornata.
Oggi ho imparato tante cose che devo trasmettere ai miei alunni: le favole esistono e la scrittura ti permette non solo di scriverle, ma anche di viverle.    



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